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L'ANTICA RIPULAE

Bagno A Ripoli dalle origini al Medioevo

  • Tipo di percorso: asfaltato, percoribile in macchina, moto e bicicletta.
  • Durata: una giornata
  • Difficoltà: facile

Quello di Bagno a Ripoli è un territorio dalle antiche origini. L'itinerario proposto permetterà di scoprire le tracce di questo ricco passato, per lo più disseminate nelle zone collinari, ma anche perfettamente integrate nel moderno tessuto urbano.

Il percorso alla scoperta dell'antica Ripulae parte proprio dal centro abitato di Bagno a Ripoli, dove, tra la graziosa piazza della Pace e il locale ufficio postale, sono visibili i resti di un edificio e di pavimentazioni in cocciopesto (terracotta ottenuta dalla frantumazione di mattoni, tegole e materiale di scarto). Sono state anche trovate numerose monete e reperti in vetro, a testimonianza della vitalità del paese. Dallo studio degli scavi, è emerso che l'estensione del centro abitato romano equivale a quella attuale.

Gli scavi hanno anche portato alla luce numerose strutture stratificate, attribuibili a più epoche, di cui però la maggior parte risalenti ad età romana imperiale (III secolo d.C.). Ciò dimostra che già in periodi più antichi Bagno a Ripoli si trovasse in un punto strategico rispetto alle vie di comunicazione e di scambi commerciali.

Lasciando gli scavi e il centro del paese ci si dirige verso Pontassieve, per poi svoltare a destra in via di Villamagna.

L'omonima collina è costellata da case torri e castelli come quello di Rignalla, antico fortilizio convertito in villa dagli Spinelli, posto in posizione stupenda dominante la vallata dell'Arno e tutte le strade vicine. Nei restauri ha perso il carattere trecentesco e conserva solo le mura merlate. Ancor più suggestivi sono i castelli di Belforte e Monte Acuto, entrambi privati e quindi visitabili solo esternamente. Il primo, data la presenza dell'alta torre e la tipologia delle sue aperture, cui nei due secoli successivi dovettero addossarsi altri corpi di fabbrica, è databile intorno alla prima metà del Duecento.

Sul lato orientale della torre si trovano alcune aperture di ampie dimensioni con archivolti a sesto ribassato in laterizio, probabilmente posteriori all'edificazione originale, mentre le piccole finestre sul lato nord conservano ancora il loro impianto medievale.

La torre appare cimata e in seguito rialzata, come si avverte dal brusco cambiamento della tipologia muraria e dall'impiego di un diverso materiale da costruzione, ma nell'insieme si può ipotizzare che essa costituisca il nucleo più antico di tutto il complesso. In prossimità dell'ingresso di Castelbelforte si trova un bel lavatoio in pietra serena di fronte al quale è consigliabile fermarsi un attimo per scorgere in lontananza la parte superiore di un'altra casa-torre presente nella zona, detta la Torre delle Nutrici (raggiungibile soltanto al prezzo di un'ampia deviazione) notevolmente rimaneggiata come si nota dal paramento murario, molto diverso dal sottostante costituito da filaretti di alberese regolari e ben lavorati databili al pieno Duecento, e dalla ricostruzione dei merli.

In alto rispetto a Belforte e raggiungibile imboccando la strada che dalla frazione di Villamagna conduce al piccolo abitato di Case San Romolo e poi a Vallina, sorge il maestoso castello di Monte Acuto. Già a partire dal X secolo si hanno notizie di un austero fortilizio che dominava la valle dell'Arno. Di proprietà Remole e contraddistinta da una fiera fede ghibellina, il castello fu poi acquistato nel XV secolo dai Salviati che trasformarono la rocca in una villa sontuosa. Nel 1571 Montauto passò, in seguito a un dono nunziale, alla famiglia Acciaiuoli, giunta da Brescia nel lontano 1160. Dopo una serie di passaggi di proprietà, il castello viene acquistato dai Blasi Foglietti (XIX secolo), i quali incaricano un allievo di Adolfo Coppedè, celebre padre del neo - gotico italiano, di restaurare l'edificio. In realtà Montauto venne sottoposto a un profondo intervento di restyling che interessò la facciata rivolta a Villamagna, compresa l'antica torre, dando al castello una patina che non piacque al noto studioso e critico Lensi Orlandi Cardini, il quale definì Montauto un castello da burattini.

Nel corso della II° Guerra Mondiale l'edificio subì gravi danni a causa dei bombardamenti durante la drammatica battaglia per liberare Bagno a Ripoli che però, fortunatamente, lasciarono indenne sia la caratteristica torre, sia la piccola cappella gentilizia di San Jacopo dove è conservato un affresco attribuito a Francesco Granacci.

Tornando a valle si consiglia di raggiungere l'abitato di Grassina e di imboccare via di Tizzano, direzione  San Polo. In prossimità del piccolo borgo di Quarate, si incontra l'omonimo castello, celebre per l'antica torre - detta torre dell'ulivo - sulla cui sommità cresce appunto una pianta di olivastro.

Sulla collina di fronte alla torre di Quarate, immerso in un bosco secolare di castagni e querce ai piedi del parco di Fontesanta, sorge infine il suggestivo  Palazzaccio di Marcignano. Raggiungere questo edificio non è facile, ma la bellezza del luogo vale la pena di questa piccola avventura. Quindi, dal borgo di Quarate, imboccate via di Poggio al Mandorlo (attenzione: la strada è bianca e in certi punti dissestata ma comunque percorribile in auto) sino a raggiungere il bivio con via delle Tavarnuzze. Girate a sinistra, procedendo per circa 300 mt sino ad incontrare, sulla destra, un sentiero dotato di una sbarra. Lasciate l'auto e seguite il ricordato sentiero che, attraversando un bel bosco, conduce a un'ampia radura dove si innalzano i ruderi del Palazzaccio. La struttura di grandi dimensioni è interamente ricoperta dalla vegetazione, in particolare da edera, che conferisce alle rovine un aspetto caro alle ambientazioni della letteratura romantica.

Nonostante il suo pessimo stato di conservazione, il Palazzaccio mostra almeno due fasi costruttive ben distinte: la prima identificabile con la parte bassa della torre e con alcune murature del basamento della struttura, la seconda con la parte rialzata dell'intero palazzo, caratterizzata da un'elegante bifora decorata in arenaria risaltente al primo Quattrocento, quando la famiglia Rinuccini, che ne aveva la proprietà, la descriveva come «una torre con fortezza».

Per chi volesse continuare nella scoperta di questo luogo magico è possibile risalire la collina, percorrendo a piedi il sentiero che si apre di fronte al Palazzaccio, sino a raggiungere Casa Gavignano, edificio rurale costruito sui resti di un fortilizio. A poche centinaia di metri, seguendo un tratturo costeggiato da un muro in pietra e poi le indicazioni CAI per Tizzano, il fitto bosco cela un'iscrizione di origine etrusca, il famoso Sasso Scritto.

La visita all'antica Ripulae si conclude nella frazione di Antella, la cui antica fondazione è confermata sia da ritrovamenti di epoca etrusca (fra i quali un frammento architettonico in pietra arenaria) sia dai ritrovamenti della villa di epoca romana di Publio Alfio Erasto.

TORRE DI QUARATE

Come è evidente dal nome che deriva dal latino centuria quadrata, il complesso di Quarate sorge su un preesistente fortilizio (castrum) romano, probabilmente recuperato ed ampliato in epoca longobarda con scopi difensivi. Il castello, le cui prime notizie ufficiali risalgono a una charta del 1098, si presenta come una struttura residenziale affiancata da una torre cimata sul lato nord-occidentale, da un'altra torre isolata a poche decine di metri, caratteristica per la presenza di un albero di ulivo cresciuto sulla sua sommità.

A poca distanza si trova poi una piccola cappella dedicata a San Michele Arcangelo, oggi in rovina, che fu parrocchia fino al Quattrocento.

Nel 1346, il complesso faceva ancora parte dei beni rimasti indivisi tra tutti i Quaratesi, famiglia originaria di questo luogo, dal quale trasse appunto il cognome e veniva descritto come un giardino ed una torre «comune con tuti i consorti [con] una casa a' piede de la detta torre» cui era appoggiata una cortina di mura, almeno su un lato confinante con un fossato. Il palazzo propriamente detto sembra essere stato una struttura residenziale di un certo prestigio nata intorno ad una corte, secondo un modello frequente nelle campagne fiorentine: luogo di origine e poi dimora "in villa" dei Quaratesi che ne furono proprietari fino al 1534.

La porta di accesso alla corte, restaurata di recente, ha restituito una pergamena, con questo ricordo che accresce il fascino misterioro del castello: «Questa porta fàcione fare madonna Oretta et madonna Camilla, figliole di Andrea Quaratesi, l'anno 1523 del mese di septembre, quando fuggirono la morìa di Quarata. Lavoròlla mastro Battista legnaiolo a Monte et è la porta d'olmo». Come accadeva da tempo, anche in quell'occasione, la ricca famiglia cittadina aveva cercato scampo da un'epidemia di peste, rinchiudendosi all'interno della propria residenza di campagna, poiché proprio nelle città si temeva la maggior diffusione del contagio.